25 aprile 2024 - 21:34
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Diritto allo sciopero

La condotta antisindacale

L’art. 28 dello Statuto dei lavoratori, come modificato dalla legge n. 847 del 1977 stabilisce che "Qualora il datore di lavoro ponga in essere comportamenti diretti ad impedire o limitare l’esercizio della libertà e dell’attività sindacale nonché del diritto di sciopero, su ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse, il pretore del luogo ove è posto in essere il comportamento antisindacale, nei 2 giorni successivi, convocate le parti ed assunte sommarie informazioni, qualora ritenga sussistente la violazione di cui al presente comma, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato e immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.

L’efficacia esecutiva del decreto non può essere revocata fino alla sentenza con cui il Tribunale definisce il giudizio instaurato a norma del comma successivo.

Contro il decreto che decide sul ricorso è ammessa, entro 15 giorni dalla comunicazione del decreto alle parti, opposizione davanti al pretore in funzione di giudice del lavoro, che decide con sentenza immediatamente esecutiva ai sensi delle disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile.

Il datore di lavoro che non ottempera al decreto di cui al 1 comma o alla sentenza pronunciata nel giudizio di opposizione, è punito ai sensi dell’art. 650 del codice penale.

L’autorità giudiziaria ordina la pubblicazione della sentenza penale di condanna nei modi stabiliti dall’art. 36 c.p.".

Tale articolo è richiamato nell’art. 7 della legge 146/90 come modificata dalla legge 83/2000. L’art. 7 recita: "La disciplina dell’art. 28 della legge 20 maggio 1970, n.300, si applica anche in caso di violazione di clausole concernenti i diritti e l’attività del sindacato contenute negli accordi di cui al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, e nei contratti collettivi di lavoro, che disciplinano il rapporto di lavoro nei servizi di cui alla presente legge".

Cosa si intende per condotta antisindacale?

Rientrano in tale termine tutti quei comportamenti diretti ad impedire o limitare l’esercizio della libertà sindacale ed il diritto di sciopero.

Fino a qualche anno fa, al fine di poter parlare di comportamento antisindacale da parte del datore di lavoro, dovevano essere riscontrati due requisiti: l’elemento oggettivo e più precisamente l’attitudine anche potenziale del datore a ledere gli interessi tutelati dall’art. 28 dello Statuto dei lavoratori, e l’elemento soggettivo consistente nel porre in essere intenzionalmente (e quindi con coscienza e volontà) un comportamento antisindacale.

La difficoltà di accertare l’intenzionalità del datore di lavoro, ha portato la Cassazione ad escludere l’elemento soggettivo quale presupposto per poter esercitare un ricorso. Con sentenza n. 5296 del 1997 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato il principio dell’irrilevanza, per la concretizzazione della condotta sindacale, dell’elemento psicologico (colpa o dolo), essendo necessaria solo la circostanza che il comportamento del datore di lavoro avesse determinato un pregiudizio alla libertà sindacale e al diritto di sciopero. La sentenza recita: "Per integrare gli estremi della condotta antisindacale di cui all’art. 28 dello Statuto dei lavoratori, è sufficiente che tale comportamento leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali, non essendo necessario (ma neppure sufficiente) uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro né nel caso di condotte tipizzate perché consistenti nell’illegittimo diniego di prerogative sindacali (quali il diritto di assemblea, il diritto delle rappresentanze sindacali aziendali a locali idonei allo svolgimento delle loro funzioni, il diritto ai permessi sindacali), né nel caso di condotte non tipizzate ed in astratto lecite, ma in concreto oggettivamente idonee, nel risultato, a limitare la libertà sindacale, sicché ciò che il giudice deve accertare è l’obiettiva idoneità della condotta denunciata a produrre l’effetto che la disposizione citata intende impedire, ossia la lesione della libertà sindacale e del diritto di sciopero".

Ciò che infatti è fondamentale rilevare è la sussistenza di un comportamento lesivo di diritti sindacali elencati nello Statuto dei lavoratori, indipendentemente dalla intenzionalità o meno di porlo in essere.

Quali sono i diritti sindacali che potrebbero essere lesi dalla condotta antisindacale e come si esteriorizza tale condotta?

  • diritto di assemblea ex art. 20 S.L. : in tal caso la condotta antisindacale si manifesta tramite il rifiuto da parte del datore di lavoro di consentire tale diritto ai lavoratori o nell’effettuare una illegittima trattenuta sulla retribuzione; Il diritto di assemblea si inquadra tra i diritti del lavoratore alla libera manifestazione del proprio pensiero;
  • le limitazioni al diritto di assemblea possono trovare giustificazione esclusivamente in relazione ad esigenze di tutela dei diritti costituzionalmente garantiti quali quello alla sicurezza del personale, alla salvaguardia dell’integrità delle strutture tecniche e del patrimonio aziendale (Cassazione 5.07.1997 n.6080);
  • referendum ex art. 21 S.L.: il datore di lavoro che non consenta lo svolgimento, fuori dell’orario di lavoro ma in ambito aziendale, di referendum su materie inerenti l’attività sindacale, mette in atto un comportamento antisindacale;
  • il trasferimento dei dirigenti delle R.S.A. senza il nulla osta dell'associazione sindacale di appartenenza previsto dall'art.22 dello statuto (Pret. Roma 14 novembre 1995). Lo spostamento all’interno dell’unità produttiva o il mutamento delle mansioni del rappresentante sindacale aziendale, possono configurare un comportamento antisindacale se implicano l'allontanamento definitivo dalla specifica base rappresentata (Pret. Catania 30 novembre 1998) permessi sindacali ex artt. 23, 24, 30, 32: il datore che si rifiuti di concedere ai dirigenti di R.S.A., o ai dirigenti provinciali o nazionali i permessi sindacali (sia che siano retribuiti sia che con rientrino tra quelli retribuiti) mette in atto una condotta antisindacale;
  • diritto di affissione ex art. 25 : le R.S.A. hanno il diritto di affiggere pubblicazioni, testi e comunicati inerenti materie di interesse sindacale e del lavoro in appositi spazi che il datore di lavoro ha l’obbligo di predisporre. Se il diritto di affissione viene meno, il datore compie un comportamento antisindacale;
  • il comportamento ostativo nei confronti dello sciopero, nel caso in cui lo stesso sia legittimo.

Oltre a tale elencazione, rientra tra le condotte antisindacali, il rifiuto del datore di lavoro di aprire le trattative per il rinnovo del contratto integrativo aziendale ad una determinata rappresentanza sindacale aziendale.

In tema di condotta antisindacale….ecco alcune sentenze.

Sentenza n. 322 del 30.10.2000 del Tribunale di Vicenza: l’attività di volantinaggio all’interno dei luoghi di lavoro si inquadra nel diritto di attività sindacale sancito dall’art.14 dello Statuto dei Lavoratori e in particolare nel diritto all’attività di proselitismo. Rientra nella condotta antisindacale, il comportamento ostativo del datore di lavoro all’esercizio di tale diritto.

Sentenza n. 11352 del 30.10.1995 della Corte di Cassazione: costituisce condotta antisindacale il divieto opposto dal datore di lavoro ai dipendenti di tenere assemblee non retribuite all’interno dei locali aziendali nel corso di uno sciopero.

Sentenza n. 6080 del 5.07.1997 della Corte di Cassazione: è antisindacale il comportamento del datore che minacci la trattenuta della retribuzione nel caso di partecipazione ad un’assemblea da tenersi ai sensi dell’art. 20 Statuto lavoratori, ovvero effettui la trattenuta a seguito della partecipazione all’assemblea stessa.

Sentenza n. 3785 del 15.03.2001 della Corte di Cassazione: è antisindacale la condotta del datore di lavoro che, qualora non sussista un fondato pericolo di pregiudizio grave ed imminente ai diritti della persona costituzionalmente garantiti, ma sia rimasta inosservata la proposta della Commissione di garanzia seguita al giudizio di inidoneità dell’accordo di determinazione delle prestazioni indispensabili in caso di sciopero nei servizi pubblici essenziali, abbia comandato l’espletamento di tali prestazioni nei limiti stabiliti dalla Commissione con la sua proposta, non esplicante efficacia vincolante.

Procedimento

Primo grado di giudizio

1° fase: Legittimati ad agire sono tramite RICORSO gli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse.E’ competente il giudice del lavoro del luogo in cui è stato posto in essere il comportamento antisindacale.Il primo grado del giudizio è un procedimento d’urgenza a cognizione sommaria. Infatti il giudice entro 2 giorni dal deposito del ricorso, convoca le parti ed assume sommarie informazioni. Nel caso in cui ritenga sussistere la violazione oggetto del ricorso, ordina al datore di lavoro, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti.

2° fase: Il datore di lavoro, può chiedere l’OPPOSIZIONE AL DECRETO entro 15 giorni dalla comunicazione dello stesso davanti allo stesso giudice del lavoro che ha emesso il decreto.Tale seconda fase del giudizio, seguirà la disciplina prevista dal nuovo rito del lavoro.Il giudice si pronuncerà con una sentenza immediatamente esecutiva.Se il datore di lavoro non ottempererà al decreto (che chiude la prima fase) o la sentenza (che chiude la seconda fase), sarà punito ex art.650, 4 comma del codice penale (quindi con una sanzione penale che prevede l’arresto fino a 3 mesi o l’ammenda fino ad lire 80.000).

Secondo grado di giudizio

La parte soccombente potrà ricorrere alla Corte d’Appello che deciderà nel secondo grado di giudizio con sentenza.